In questi mesi di chiari di luna, ci sono anche aziende che sorridono e che possono vantare numeri di tutto rispetto, aziende che "la crisi c'è, però non ci possiamo lamentare". Tra queste, MicroFocus, che passa in tre anni dai 100 milioni di dollari di fatturato del 2006 ai 228 milioni del 2008 e ai 274,7 del 2009, fa bingo sui margini (43,2%) e sul cash (108 milioni di dollari), bene fa anche la filiale italiana, ma soprattutto la società amplia le vedute e fa shopping. Tra le ultime acquisizioni (5 nell'ultimo anno) nomi altisonanti come Borland (un'azienda, ahilei, in grosse difficoltà) e Compuware, che cede la parte relativa alle attività di testing e di automated software quality. Se si mettono in conto le altre effettuate nei mesi passati, Hal, Net Manage e Relativity, si capisce perché Jorge Dinares, president international della società, sprizzi soddisfazione da ogni poro: le acquisizioni rappresentano circa il 50% della dimensione di MicroFocus, ma soprattutto "oggi siamo presenti su tutta la catena del valore", che sono poi le applicazioni enterprise. Dinares sottolinea come, a suo parere, il mercato vada verso un forte consolidamento, cosa che fa pensare che nel medio e lungo potremmo trovarci a dar notizia di altre acquisizioni. Proprio qui sta l'ampliamento di vedute di cui sopra. La premessa è la vita dedicata al Cobol e al mainframe, che uno pensa ai cimiteri e invece, sorpresa, il Cobol (2,4 miliardi di dollari il valore attuale del mercato mondiale) ha ancora margini di crescita. A 50 anni dalla nascita, continua a essere usato eccome, basti pensare che il 70% delle transazioni sono basate su Cobol; le banche ne sanno qualcosa..Certo, quello che propone MicroFocus è un Cobol aperto, che consente migrazioni e modernizzazioni, riscattando le imprese dalla "proprietarietà" più o meno imposta. Un esempio? "Negli ultimi tre anni – risponde Dinares - sono tantissime le organizzazioni migrate da sistemi proprietari a sistemi open", dove i sistemi proprietari, va da sé, sono in gran parte marchiati Ibm. Un buon successo, dunque, ma la società ha comunque deciso di guardare altrove, ad altri mercati. In particolare, a quello dell'application management. Detto questo, si capisce meglio il senso delle acquisizioni, che vanno a colmare i "buchi" dell'offerta con l'obiettivo di coprire l'intero ciclo di vita del software, dai requisiti all'analisi dallo sviluppo, al testing dalla configurazione alla gestione. Tutto questo porta MicroFocus ad aggredire, tra open Cobol e application management, un mercato mondiale che vale ben 6.4 miliardi di dollari. Insomma, tra le righe, ma nemmeno tanto, passa il messaggio che ormai identificare MicroFocus con Cobol e basta è riduttivo. In questa ottica, l'enfasi è sulla continuità:"Chi, per esempio, dieci anni fa ha sviluppato un Erp sulla nostra tecnologia, se vuole passare alle tecnologie emergenti è fortemente avvantaggiato. Non è una riscrittura delle applicazioni, bensì una loro modernizzazione". Una proposta che trova un certo consenso anche in tempi di crisi, quando l'attenzione ai costi è estrema. In questo contesto, le partnership giocano un ruolo strategico. Tra le tante, Microsoft, Oracle, Ibm, Accenture. Nell'allargamento di vedute, non poteva mancare il cloud computing, un mercato che, ricorda Dinares, in un futuro di medio termine avrà un valore stimato di circa 30 miliardi di dollari. La società guarda al cloud come a "un sistema operativo in più", già porta nel cloud applicazioni come Amazon Web Services, Microsoft Windows Azure, prossimammente Google, e una soluzione propria, che consenta magari di "cloudizzare" applicazioni Cobol, o se si preferisce incapsulando il Cobol per veicolarle come Web Services o altro.
